Soldado (Sicario: Day of Soldado)

Una grande lezione di cinema.

di Emiliano Baglio 01/11/2018 ARTE E SPETTACOLO
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Partono i titoli di coda di Soldado e si pensa; “Ma come già è finito?” e si scopre di volerne ancora.

Veramente non si capisce cos’altro si dovrebbe e potrebbe chiedere in più al cinema.

Stefano Sollima (Acab, Suburra, Romanzo criminale – La serie e Gomorra – La serie), al suo esordio in terra americana aveva un compito non facile.

Innanzitutto fare i conti con la scrittura di Taylor Sheridan autore dello splendido Sicario a firma di Denis Villeneuve ma anche degli altrettanto indimenticabili Hell or high water e I segreti di Wind river che lo vide esordire alla regia.

In secondo luogo si trattava di dare un seguito al già citato film di Villeneuve, una pellicola che non prevedeva secondi capitoli e che si è deciso di trasformare in trilogia solo dopo il suo successo.

Il regista italiano ha brillantemente superato entrambi gli ostacoli, ha tenuto per sé due dei personaggi principali di Sicario, ovvero Alejandro Gillick (Benicio Del Toro) e Matt Graver (Josh Brolin) costruendo però una storia a sé stante che pure, al tempo stesso, vivesse nelle stesse ambientazioni, il confine tra Messico e Stati Uniti tra traffici di droga e di uomini.

Tutto il resto è farina del suo sacco e la sceneggiatura di Sheridan calza a pennello al cinema del nostro.

Soldado è di fatto l’equivalente del cosiddetto zoom, parte da un quadro generale per concentrarsi sempre di più sul particolare.

Il quadro generale sono una serie di attentati di matrice islamica che scuotono gli Stati Uniti. Uno degli attentatori si fa esplodere mentre tenta di entrare illegalmente negli Stati Uniti passando dal Messico. È questa la scusa che permette al governo di assoldare Graver affinché combatta con ogni mezzo necessario i narcotrafficanti che gestiscono l’immigrazione illegale lungo la frontiera. Graver a sua volta recluta Gillick e l’azione può partire.

Il terrorismo internazionale dunque era solo un’abile depistaggio del regista buono per ingannare lo spettatore.

Il piano di Graver consiste nello scatenare una guerra tra cartelli rivali e punta tutto sul rapimento di Isabel figlia del boss di uno dei due cartelli rivali.

Sollima racconta tutto ciò prendendosi tutto il tempo necessario costruendo un film in cui, così come accadeva in Sicario, l’azione apparentemente è dilatata. Non c’è spazio per il montaggio frenetico a cui ci ha abituati il cinema contemporaneo. Si punta piuttosto sul realismo, sulla dilatazione dei tempi, sul rapporto tra i corpi e lo spazio inteso come paesaggio, sulla tensione costruita passo dopo passo, con pazienza cercando il più possibile l’aderenza alla realtà e dando una lezione magnifica di come si costruisca la tensione.

Poi ecco che Sollima improvvisamente devia dal sentiero, così come fa Gillick e riesce ad imporre la sua marca autoriale all’interno di un progetto dai confini ben definiti.

È esattamente questo che ci si aspetta dal grande cinema di genere, la capacità da parte dei registi di imporre la prioria visione all’interno delle regole del gioco magari sovvertendole e piegandole alla propria poetica, alla propria visione del mondo e del cinema.

Torniamo dunque alla metafora dello zoom, dal quadro generale Sollima si concentra sempre più sul particolare finendo per concentrarsi su Gillick, Isabel ed un contadino sordomuto.

Il film d’azione improvvisamente diventa qualcos’altro, un film sui sentimenti e sui rapporti umani che è poi la cifra costante di tutte le opere del regista italiano.

Sollima fa tutto ciò in modo semplicemente stupefacente e miracoloso ed improvvisamente ci ritroviamo in un film intimo che ci racconta di ciò che si agita nel cuore di tre esseri umani, diversi tra loro, che improvvisamente si incontrano.

Dentro c’è il passato ed il dolore di Gillick, l’innocenza di Isabel ed il candore del contadino.

Quello che però colpisce ancora di più è che questo cambiamento accade senza che venga mai meno, neanche per un momento, la tensione che anzi cresce sempre più mentre il regista riesce a raccontarci interi mondi, altre storie che varrebbero da sole un film a parte, in pochissimi attimi come nel caso delle poche inquadrature in cui uno dei mercanti di uomini viene riportato indietro a bordo di un’auto con una mamma, che si guadagna da vivere così, ed il suo figlio piccolo.

Soldado resiste ancora in qualche cinema, andatelo a vedere prima che scompaia. Godetevi questa grande lezione di cinema.

 

EMILIANO BAGLIO


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